Depressione

La depressione è un disturbo diffuso tra la popolazione generale e quindi molto ben conosciuto. Sembra, infatti, che ne soffra dal 10% al 15% della popolazione, con una frequenza maggiore tra le donne.

Il Disturbo Depressivo è associato ad una elevata mortalità. Fino al 15% degli individui con un Disturbo Depressivo grave muore per suicidio. Ciononostante, la maggior parte dei soggetti depressi non arriva ad avere ideazioni suicidarie o sintomi particolarmente gravi, ma lamenta sintomi che spesso non vengono neanche associati facilmente alla depressione stessa (stanchezza cronica, malesseri fisici, apatia, astenia, calo del desiderio, irritabilità, ecc.).

Altri disturbi sono frequentemente presenti contemporaneamente alla depressione (per es., Disturbi Correlati a Sostanze, Attacchi di Panico, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo Borderline di Personalità).

Fino al 20%-25% degli individui con certe condizioni mediche generali (per es., diabete, infarto del miocardio, carcinomi, ictus) svilupperanno la depressione nel corso del tempo. D’altra parte, il trattamento della condizione medica generale è più complesso, e la prognosi è meno favorevole, se è presente il Disturbo Depressivo. Vi è quindi una interrelazione reciproca tra malattia organica e umore depresso, che alimenta un brutto circolo vizioso.

La depressione (Singola o Ricorrente) è due volte più comune nelle femmine adolescenti e adulte che nei maschi adolescenti e adulti. Nei bambini prepuberi, maschi e femmine sono ugualmente affetti. Le frequenze negli uomini e nelle donne sono più elevate nel gruppo di età dai 25 ai 44 anni mentre le frequenze sono più basse sia per gli uomini che per le donne oltre i 65 anni.

Il Disturbo Depressivo può esordire ad ogni età, con un’età media di esordio intorno ai 25 anni. Alcuni hanno episodi di depressione isolati seguiti da molti anni senza sintomi, mentre altri hanno gruppi di episodi, e altri ancora hanno episodi sempre più frequenti con l’aumentare dell’età. Alcuni dati suggeriscono che i periodi di remissione generalmente durano più a lungo all’inizio del decorso del disturbo. Il numero di episodi precedenti predice la probabilità di sviluppare un successivo Episodio Depressivo.

Tra le possibili cause della depressione troviamo fattori di tipo psicosociale, ma anche di tipo genetico e biologico. Gli Episodi del Disturbo Depressivo spesso seguono un grave evento psicosociale stressante, come la morte di una persona cara, il divorzio, il trasferimento, ecc.. Gli studi suggeriscono che gli eventi psicosociali (eventi stressanti) possono giocare un ruolo più significativo nel precipitare il primo o il secondo episodio di depressione e avere meno importanza per l’esordio degli episodi successivi. Tra questi eventi possiamo trovare anche cambiamenti nelle condizioni lavorative o l’inizio di un nuovo tipo di lavoro, la malattia di una persona cara, gravi conflitti familiari, cambiamenti nel giro di amicizie, cambiamenti di città, ecc.

Gli studi supportano l’ipotesi dell’ereditabilità della depressione, infatti i figli di genitori depressi presentano un rischio più elevato di sviluppare depressione. Tra le cause della depressione si hanno anche modificazioni a livello biologico, nella regolazione di alcune sostanze come neurotrasmettitori e ormoni.

Tali dati incoraggiano al largo uso di farmaci antidepressivi, che ormai sono diventati tra i farmaci i più impiegati nella medicina, ma purtroppo i risultati sono spesso modesti e/o temporanei. Se non si interviene con una valida psicoterapia che aiuta la persona ad acquisire strategie funzionali alla soluzione degli episodi depressivi acuti e alla prevenzione delle ricadute, è altamente probabile che il soggetto vada incontro a recidive ricorrenti.

Occorre tener presente che l’episodio depressivo non coincide con la diagnosi di depressione maggiore, perché molte persone possono avere altalenanze del tono dell’umore, più o meno marcate, fino ad arrivare al vero e proprio disturbo bipolare, di cui la depressione può essere solo un sintomo, anche se solitamente è quello più sgradito al soggetto, che chiede aiuto in queste fasi.

Vi sono poi forme particolari di disturbo depressivo, come la depressione post-partum, che hanno loro caratteristiche proprie. In ogni caso, è bene tener presente che i sintomi della depressione possono essere talvolta “mascherati”, al punto che nessuno si accorge del problema, talvolta neanche il soggetto stesso, che tende ad attribuirli a normale stanchezza, stress, nervosismo o problemi lavorativi, familiari o di coppia. E’ infatti piuttosto frequente il caso in cui la persona depressa non voglia riconoscere il proprio stato interno, che lo porta a vedere “tutto nero”, ad essere intollerante, irritabile, pessimista, nervoso, distante, ecc., e ritenga che esso sia solo la conseguenza di fattori esterni che andrebbero modificati (lavoro, coppia, denaro, figli, ecc.).

 

 

Sintomi

 

Generalmente chi soffre di depressione mostra un umore depresso, una marcata tristezza quasi quotidiana e tende a non riuscire più a provare lo stesso piacere nelle attività che provava prima. Le persone che soffrono di depressione, si sentono sempre giù, l’umore ed i pensieri sono sempre negativi. Sembra che presentino un vero e proprio dolore di vivere, che li porta non riuscire a godersi più nulla.

Oltre a questi sintomi di depressione primari, normalmente succede che le persone che soffrono di questo disturbo ne presentino altri, quali:

 

un appetito aumentato o diminuito;

un aumento o una diminuzione del sonno;

spesso un marcato rallentamento motorio o, al contrario, una marcata agitazione;

una marcata affaticabilità;

una ridotta capacità di concentrarsi;

una tendenza molto forte ad incolparsi, a svalutarsi;

tendenza a pensare al suicidio.

I sintomi della depressione possono manifestarsi in modo acuto (con fasi di depressione molto acute ed improvvise, che magari tendono a scomparire da sole o con una terapia) oppure costantemente, anche se in forma leggera, con alcuni improvvisi momenti di peggioramento. In tal caso si parla di distimia.

Spesso i parenti spronano chi manifesta i sintomi della depressione a reagire, a sforzarsi. Questo ovviamente in buona fede, senza rendersi conto che ciò tende a far sentire chi ne soffre ancora più in colpa.

L’atteggiamento migliore da tenere è quello di aiutare gradatamente il soggetto a riprendere le proprie attività, ad assumere un’adeguata terapia farmacologica ed intraprendere una psicoterapia cognitivo comportamentale, l’unica forma di terapia psicologica che ha dati scientifici di efficacia.

 

 

Cura

 

Come appena detto, la terapia cognitivo comportamentale si è dimostrata molto efficace per la cura della depressione.

Da un lato si cerca di modificare i pensieri negativi che possono sostenere la depressione. Ad esempio le persone che ne soffrono tendono ad avere un ipercriticismo verso se stessi, tendono ad accusarsi oltre ogni evidenza, tendono a notare maggiormente gli eventi negativi nelle situazioni quotidiane. La terapia cognitivo comportamentale aiuta la persona a sviluppare una modalità di pensiero più equilibrata e razionale.

Dall’altro lato, per la cura della depressione, si aiutano le persone a costruire migliori abilità per affrontare le difficoltà quotidiane, che probabilmente hanno portato la persona ad essere depressa. Così, ad esempio, si può insegnare alla persona modalità comunicative più efficaci o strategie per risolvere i problemi nei quali si trova coinvolto.

La cura della depressione, quindi, invita la persona a riprendere gradualmente le attività che sono state abbandonate, magari cominciando da quelle più piacevoli, a sviluppare comportamenti più funzionali per risolvere i propri problemi, a pensare in modo più equilibrato e razionale.

La terapia cognitivo comportamentale si differenzia molto da altri tipologie di psicoterapie. A differenza di altre, come ad esempio la psicoanalisi, è centrata sul presente, sui sintomi della depressione, e tende a produrre soluzioni fattive per i problemi presentati.

In questo senso si da un peso minore a quanto accaduto nell’infanzia o a quanto gli eventi passati possano incidere sul presente.

 

Nella cura farmacologica della depressione vengono impiegate numerose classi di farmaci antidepressivi: triciclici e tetraciclici (es desipramina, nortriptilina, maprotilina, clorimipramina, imipramina, amitriptilina, nortriptilina); agonisti multisistemici Noradrenalina-Serotonina (es venlafaxina, trazodone); benzamidi sostituite (es amisulpiride); agonisti del sistema noradrenergico (es mianserina, mirtazapina, reboxetina); inibitori del reuptake della serotonina – SSRI – (es fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina, citalopram, escitalopram, buspirone); donatori di gruppi metilici (S-adenosil-L-metionina). Tutte le classi si sono mostrate efficaci nel trattamento. Nelle forme resistenti possono essere utilizzate associazioni con stabilizzanti dell’umore (es litio, valproato, carbamazepina, oxcarbamazepina, gabapentin) e in alcuni casi con ormoni tiroidei. Da pochi anni è stratta introdotta sul mercato una nuova molecola, l’agomelatina (Tymanax, Valdoxan), che interviene sulla melatonina e che sembra avere una discreta efficacia sui sintomi depressivi, con minori effetti collaterali degli altri farmaci sopra citati.

L’uso di antipsicotici, in associazione agli antidepressivi, è giustificata nei casi in cui il quadro depressivo si presenta con sintomi psicotici.



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